Sex and the city

di Natalia Aspesi

 

 

Per anni le tante tribù femminili di ogni età e di ogni parte del mondo si sono sentite riscattate, nelle loro illusioni e desideri segreti, da Carrie, Charlotte, Samantha, Miranda, che, scapole trionfanti, ogni sera se la spassavano nei locali più alla moda di New York e, con la scusa di trovare il grande amore, accumulavano e cambiavano continuamente abiti, scarpe e borse di grandi griffe e bei giovanotti sempre disponibili.

Dal 1998 al 2004, i 60 episodi di Sex and the City sono stati il più entusiasmante, intelligente, coraggioso, perfetto prodotto della televisione non solo americana, studiato per un pubblico femminile evoluto, libero, inquieto e cosmopolita, single o col rimpianto di non esserlo più. Chiusa trionfalmente la serie con il godimento ma anche la nostalgia delle abbarbicate fan, non c´era che rivederla ripetuta instancabilmente in varie reti tv o nei dvd. Bisognava lasciarla così, felicemente defunta ma meritatamente immortale, storia speciale di un periodo spensierato ed egoista, di una metropoli non traumatizzata dal terrorismo, di un tipo di donna alla moda emancipata e leggiadra che i tempi hanno già accantonato, di un modo di fare televisione senza moralismi né familismi.

Invece il cinema ci ha visto il business, se n´è voluto impossessare, riprendendo le indimenticabili quattro amiche che riposavano in pace nella nostra memoria, e prolungando, per loro e per noi, un´inutile agonia, lasciandoci con un palmo di naso, amareggiate e forse addirittura annoiate. Infatti se in Sex and the City film, le briose protagoniste non fanno più sesso o quasi, se la città, la Grande Mela con tutti i suoi miti colti e mondani, quasi non si vede, se anche loro, povere ragazze di un tempo, hanno superato i plumbei 40 anni e finalmente si accasano e devono adattarsi a vite domestiche senza più avventura e sorprese, a noi che ce ne importa più?

Il film arriva ovunque preceduto da una valanga pubblicitaria che forse aumenta la delusione di tante (donne, facevano quasi pena, all´anteprima, i critici maschi e i compagni trascinati a forza, in difficoltà tra tutti quei piaceri e dispiaceri solo femminili). Ritroviamo le stesse attrici, Sarah Jessica Parker, Kim Cattrall, Kristin Davis, Cynthia Nixon: cioè la bionda scrittrice di successo Carrie, la regina delle pubbliche relazioni Samantha, la bruna e timida Charlotte, l´avvocata Miranda dai capelli rossi. Il film comincia dove la serie è finita, quattro anni fa; Carrie dopo decine di avventure sta finalmente col suo grande amore, il finanziere Big, Samantha vive con un bellissimo attore di fiction molto più giovane di lei, Charlotte è sposa felice con piccina asiatica adottata, Miranda l´avvocata vive col suo figliolino e il marito barista. Certe non si riconoscono più, il chirurgo estetico è stato implacabile con un paio di loro, altre causa moda sono scheletriche e a Carrie è venuto fuori un gran nasone, Charlotte se la fa addosso e Samantha ha un cagnolino che pur operato fa l´amore con ogni cuscino che riesce a montare.

Le ragazze ormai mature (a un certo punto Carrie commette l´imperdonabile errore di portare un cappello che la fa anziana) lanciano gridolini eccessivi per un nonnulla, le arguzie e le filosofie da rivista patinata latitano, ci sono abbandoni imprevisti, facce quasi sempre arrabbiate o desolate, meno vestiti del previsto e quasi tutti brutti, uomini per niente stimolanti, tranne un culturista che fa l´amore tutti i giorni con ragazze diverse ma mai con le nostre beniamine: Samantha deve accontentarsi di osservarlo nudo sotto la doccia all´aperto e gemere alla vista della sua virilità.

Chi ricorda il fascino crudele di Big, ricco, elegante, imprendibile, si immalinconirà: l´attore è lo stesso Chris North, ma il suo personaggio o è troppo generoso (regala alla fidanzata Carrie un guardaroba per i suoi vestiti grande come un appartamento!) o lamentoso, o pentito. Per un solo corno casuale c´è chi la mette giù fin troppo dura gettando nella massima disperazione il marito cacciato. Come già detto, si fa poco l´amore: una deve alzarsi presto per lavoro e quindi lo fa ogni sei mesi, l´altra lo farebbe più volte al dì ma è lui che ha bisogno del sonno di bellezza. Unica scena divertente: Samantha vorrebbe una notte indimenticabile e per la prima volta nella sua vita entra in cucina e prepara un sushi memorabile, che sparge sul suo corpo nudo disteso sopra il tavolo: lui non arriva e il pesce crudo puzza.

Sex and the City film, sceneggiatore, regista e produttore Michael Patrick King, lo stesso della serie, è troppo lungo, è come se uno solo degli episodi scritti per la televisione, 27 minuti scattanti e densi di facce, eventi, battute, vestiti, personaggi secondari, si fosse diluito in 145, perdendo ogni originalità, diventando un film come tanti, prevedibile, con soluzioni banali, e niente di quella scostumatezza verbale e quella sessualità facile che costituiva il fascino della serie televisiva, che dava alle spettatrici single l´illusione che quella poteva essere la condizione più fortunata a saperla usare con sagace improntitudine; e a quelle a caccia del grande amore l´idea che per trovarlo, si poteva passare allegramente attraverso molti tentativi e che soprattutto, un´eventuale delusione non doveva durare più di una sera, sino al prossimo incontro con un uomo per qualche ragione meritevole di passare dal loro letto. C´era la cancellazione della vita domestica, appartamenti casuali, niente lavori di casa, cibo sempre comprato fatto, un lavoro elegante tra i vip, danaro per bei ristoranti e bei luoghi d´incontro, uomini eleganti, ricchi e mondani: di tutto ciò resta poco nel film e si annacqua anche il tesoro della serie, la grande amicizia tra donne, tra cui raccontarsi ogni segreto sentimentale, ogni impresa sessuale, ogni prestazione maschile con i voti dall´ottimo al pessimo.

Ma i tempi cambiano in fretta e quindi è forse giusto che anche il sesso e la città siano cambiati, che in pochi anni la serie tv diventando film si sia adattata a questi cambiamenti: poca spregiudicatezza, le coppie gay e lesbiche quasi estinte, vibratori neanche uno; viene aggiunta una segretaria di colore che sposerà un giovanotto di colore mentre prima le nostre ragazze si accoppiavano felicemente con atleti molto neri. Le nuove generazioni femminili sono forse meno emancipate, meno libere, più spaventate, più insicure: la vita da single non è più di moda e chi mi scrive a Questioni di cuore se ne lamenta sconsolatamente. Meglio un marito anche qualsiasi del grande amore, tutto ma non la solitudine, quanto alla vita avventurosa e brillante, se ci hanno rinunciato Carrie, Samantha, Charlotte e Miranda, perché continuare anche solo a sognarla?

da La Repubblica del 29-06-08